giovedì 21 luglio 2016

*** RACCONTO N. 23: ATTESA ***


Racconto tratto da "Attesa" di Vincenzo Cardarelli. Dipinto di Wilhelm Leibl ("In Attesa")

Me ne sto seduto al tavolino di questo piacevole locale. Non l’ho scelto a caso: è frequentato da gente tranquilla, non troppo ricca, che ama trascorrere un’oretta seduta a conversare, lasciandosi coccolare dall’odore dei croissant appena sfornati e dal penetrante ma gradevole aroma di caffè. C’è chi preferisce un tè, una cioccolata calda, un succo di frutta, del semplice latte (perché quello che ti viene servito qui in un’elegante tazza di porcellana non può avere lo stesso sapore di quello che bevi frettolosamente in un banale bicchiere di casa tua)…

C’è chi mangia una fetta di torta, chi dei biscotti… chi si confida al proprio amico, chi da solo legge un giornale recitando la parte dell’intellettuale di turno e poi ci sono io… Io che osservo tutti i clienti, impaziente di poter incominciare a parlare con qualcuno proprio come fanno loro. Spesso distolgo lo sguardo e lo rivolgo alla mia destra: un viale che dà sul mare. È una vista formidabile: uno dei motivi per cui ho scelto questo locale. La gente passeggia lungo il viale dalle lucide mattonelle bianche… vedo tranquillità intorno a me. Sì, qualcuno starà anche sfogando i suoi problemi ma c’è la percezione che, in questo posto, le preoccupazioni non potranno superare una determinata soglia. Sento (e lo sa anche tutta questa gente qua dentro) che non esiste alcun problema che non si possa risolvere. Oggi siamo in ansia, domani anche, ma dopodomani sarà acqua passata e si tornerà alla vita tranquilla di sempre.

E io attendo… al momento non ho nessuno con cui parlare se non il cameriere che, già due volte, mi ha chiesto se desiderassi ordinare. A volte mi sembra di parlare una lingua del tutto incomprensibile agli altri. Che cosa non è chiaro nelle parole “Sto aspettando una persona”? Giuro che se viene una terza volta mi metto a urlare, al diavolo questa atmosfera da “piccolo ritaglio di paradiso”! Se penso queste cose, probabilmente sono inadatto a questo posto! Però ho le mie ragioni: è quasi mezz’ora che aspetto e lei non arriva. Una voce continua a dirmi che non arriverà ma cerco di reprimerla subito. Ma, più passa il tempo, più questa voce si fa forte e pesante in tutta la sua veridicità. Al solo pensiero, sento lo stomaco contorcersi come se facesse spazio a una mano che da dentro cercasse di afferrarmi e tirarmi giù. Le guance mi si colorano di rosso e mi sento bruciare. La prospettiva della sconfitta fa male. E, a questa, si aggiunge anche la vergogna di essere l’unico in attesa di qualcuno che, a quanto pare, non arriverà.

Ogni tanto sento il peso di occhi estranei che mi osservano e si interrogano sulla mia solitudine.  Cerco di ricambiare lo sguardo e, subito, quegli occhi si posano su un altro obiettivo. Ogni tanto tossisco e sgranchisco la voce come se volessi riempire questo momento vuoto. È tutto inutile: non ha accettato il mio invito. La prospettiva della sconfitta fa male, la presa di coscienza è peggio. Avevo ideato il  mio programma, avevo progettato questo incontro e anche quelli successivi… ma le illusioni di un innamorato superano di gran lunga le fantasie di un bambino. Hai deciso di non venire all’appuntamento, hai deciso di non ricambiare o anche solo di dare un’opportunità al mio amore. Amore! Ieri ti benedivo, oggi ti maledico!

Sarà difficile alzarsi da questa sedia: le radici delle speranza e dell’umiliazione sono ben profonde.  Credo che mi concederò qualche minuto in più per capacitarmi e prendere coraggio. Un momento… sento qualcuno che si è appena fermato alla mia sinistra. «Desidera ordinare, signore?»

Non è lei… 

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