lunedì 29 febbraio 2016

Il digitale ci rende dei perfetti sconosciuti

In questi giorni, andando al cinema, è possibile gustarsi il nuovo film di Paolo Genovese, Perfetti Sconosciuti. Si tratta di una pellicola molto gradevole e divertente, che racconta di sette amici che si ritrovano attorno a un tavolo per una delle loro tipiche cene. Sarebbe una cena come tante se non fosse per la proposta fatta da Eva, la padrona di casa, di rendere pubblico, per tutta la durata della cena, il contenuto di ogni messaggio e telefonata! Si può solo immaginare cosa questo gioco "non proprio innocente" possa comportare... 

Al di là dei tradimenti e dei diversi triangoli amorosi che vedono protagonisti i personaggi, questo titolo invita lo spettatore a un'importante riflessione: quanto dipendo dal mio cellulare? Quanto della mia esistenza è affidata a questo strumento? Fino a che punto può dirsi la "scatola nera" della mia vita? 


Siamo, probabilmente, invitati a ripensare il nostro rapporto con la tecnologia. La stessa scrittura che adoperiamo nelle chat e nei post dei social network (Umberto Eco diceva che «i social network danno diritto di parola a milioni di imbecilli»!), sebbene ci permetta di parlare al mondo senza limiti di distanze e di tempo, ci spersonalizza! La scrittura digitale con tutti i benefici che sembra comportare ci fa correre il rischio di dimenticarci del valore del dialogo vivo e reale (quello che si ascolta insomma!) e, soprattutto, di renderci schiavi dello smartphone!


Fa paura l'immagine del giovane Zuckerberg che, al Mobile World Congress 2016, cammina sorridente, non percepito da una folla immersa nella realtà virtuale della nuova tecnologia dei visori. Questa foto mostra un futuro che arriverà prima di quanto si possa immaginare portando con sé tanto benefici quanto problemi. Il rischio è proprio quello di dimenticarsi di esistere, di chiudersi in un mondo che di reale ha sempre meno, un mondo in cui il sentimento viene digitalizzato e dei circuiti custodiscono i nostri segreti... si finisce, così, che con la persona che fisicamente ci sta più accanto, siamo soltanto dei perfetti sconosciuti...

mercoledì 24 febbraio 2016

Un fiore petaloso...

La lingua italiana può arricchirsi di un nuovo termine, coniato da niente poco di meno che un bambino. Si tratta dell'aggettivo "petaloso", che significa "ricco di petali"! L'artefice è il piccolo Matteo, 8 anni, che frequenta la terza elementare in una scuola nella provincia di Ferrara. L'invenzione ha ricevuto il beneplacito dell'Accademia della Crusca: ciò non sarebbe stato possibile senza l'intuizione e il sostegno della sua maestra, Margherita Aurora. Compito dell'insegnante è, infatti, quello di educare secondo l'etimologia stessa del termine, dal latino "e ducere", cioé "far uscire fuori", aiutare a far emergere tutto ciò che l'anima e la testa dell'allievo può creare e formulare.

Risultati immagini per petaloso

Colpisce come un "semplice bambino" possa fare tanto, colpisce come un neologismo possa provenire da una mente apparentemente poco istruita. Ma, forse, tali scoperte potrebbero farle solo i bambini! Per inventare, creare, per scrivere storie e poesie bisogno essere come bambini, ragionare come loro, guardare con i loro occhi e, soprattutto, immaginare con la loro testa! Non a caso Schopenhauer diceva: «Ogni bambino che nasce è in qualche misura un genio, così come un genio resta in qualche modo un bambino».

Non ci resta, dunque, che sostenere questa "scoperta": la Crusca ha, infatti, affermato che, affinché il vocabolo venga accolto nei dizionari della lingua italiana, è necessario che entri nell'uso quotidiano. Non tiriamoci indietro, dunque! Accogliamo "petaloso" nel nostro parlato! Grazie Matteo :) #petaloso



La margherita è più petalosa del papavero





sabato 20 febbraio 2016

Arrivederci Eco!



Umberto Eco, il filosofo, il semiologo, il romanziere, ci ha lasciato! L'Italia perde un intellettuale di tutto rispetto: basti pensare ai numerosissimi articoli dedicati a questo triste evento dai diversi giornali del mondo.Quando un Paese è privato di una voce così autorevole, il giorno dopo si sente quasi mutilato. Possiamo solo sperare che la stagione degli intellettuali non venga mai meno, possiamo solo sperare d'incrociare sul nostro cammino tante e tante personalità simili.

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus

lunedì 15 febbraio 2016

*** RACCONTO N. 18: FRIENDZONE ***


Racconto tratto da "I ragazzi che si amano" di Jacques Prévert

Il sole è ormai calato, le luci dei lampioni si fanno sempre più intense ma la gente continua ad affollare gli Champs-Élysées. È un fiume di persone con molteplici direzioni: chi si avvia verso casa, chi sta per raggiungere un negozio, chi ha un appuntamento in qualche caffè, chi sta per attaccare un nuovo turno di lavoro. Io me ne sto tornando tranquillamente a casa, incurante della frenesia che si è impossessata di tutta questa gente: manca poco all’orario di cena ma non devo percorrere molta strada. Posso benissimo prendermela comoda e godermi le luci delle vetrine dei negozi. Con le mani nelle tasche dei miei jeans procedo ostentando una certa spavalderia…

È tutta scena! È tutta una finzione! Chiunque potrebbe leggere nel mio volto sicurezza e decisione, ma non sa cosa c’è dietro, non sa cosa c’è dentro di me. Covo rabbia e rancore e non mi va di darlo a vedere. Lo ritengo una debolezza, un mio fallimento, sono orgoglioso e non posso accettarlo. Ti starai chiedendo cosa mai mi sia capitato? Qualcuno lo riterrebbe una cosa normale, naturale e frequente e (ciò mi conforta un po’) con questo sono d’accordo, eppure non lo accetto, non su di me.

In poche parole sono stato rifiutato da una ragazza. Stai ridendo? Ringrazia che io non possa vederti! Non dirmi che a te non è mai successo, non ci crederei! Sono andato a colpo sicuro ma la mia cecità e la mia avventatezza mi sono costate care. Quando lei mi ha guardato con un imbarazzato sorriso sulle labbra e mi ha detto che, con me, non intendeva andare oltre, il mondo mi è caduto addosso. Lei era lusingata dai miei sentimenti e mi ringraziava di questo, tuttavia dovevo convincermi che tra me e lei non potesse esserci più di un rapporto di amicizia.

Dove ho sbagliato? Non ho usato le parole giuste nello svuotarmi di tutto ciò che avevo dentro? Ho accelerato troppo i tempi? Avrei dovuto farmi conoscere di più e meglio? Avrei dovuto aspettare qualche segnale più concreto da parte sua? I sentimenti rendono ciechi e impediscono di distinguere i segnali d’amicizia da quelli dell’amore. Ho interpretato male i comportamenti di lei e quelle che credevo essere attenzioni nei miei confronti: erano solo il suo modo di essere e ciò è, al tempo stesso, una benedizione e una maledizione per me. Non potevo non innamorarmi di una donna così profonda ma quella stessa sensibilità, che tanto mi ha colpito, mi ha reso soltanto cieco e incapace di capire che non potevo essere più di un amico per lei.

Ed eccoli lì, due ragazzi che si baciano incuranti di tutti noi che passiamo. Quanto vi invidio! Anzi, ad essere precisi, provo un odio viscerale nei vostri confronti! La vostra impudenza, la vostra sfacciataggine, il vostro menefreghismo e la vostra tranquillità mi irritano profondamente. Non vi conosco ma sarei quasi tentato di venirvi a dividere: so che ignorate i miei travagli ma mi state offendendo! State mancando di rispetto al mio dolore! Come è facile appoggiarsi a un muro e scambiarsi effusioni non curandosi affatto di quello che vi sta intorno, ah? Magari pensate di infondere in qualcuno un sentimento di tenerezza e ammirazione, vero? “Come sono innamorati quei ragazzi!” staranno pensando. E a voi questa cosa vi inorgoglisce, eh? Siete degli arroganti esibizionisti, ecco cosa siete! Vi ricorderete anche voi di qualche rifiuto ricevuto in passato o no? O l’avete sempre fatta franca in amore? Non posso crederci… Non voglio crederci!

So che non sto facendo un bell’effetto su di te, so che non è una belle figura e che sembro molto simile a un bambinetto frignone ma sarei bugiardo se non dicessi tutte queste cose. Qualcuno ha scritto una poesia dal titolo I ragazzi che si amano: se vi scattassi una foto, sareste azzeccati per rappresentare quella poesia così sdolcinata che fa trasformare in cuoricini gli occhi delle ragazze che se la vedono dedicata dai loro fidanzati. “I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno”… ah e si vede! Sono solo degli esibizionisti! Li odio tutti!!!!