giovedì 6 agosto 2015

*** RACCONTO N. 12: LA PROMESSA SPOSA E SUA SORELLA ***

Racconto tratta dall'Epodo di Colonia del poeta greco Archiloco (nella foto una seconda versione del gruppo scultoreo "Amore e Psiche" di Antonio Canova e conservata al Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo)




Il matrimonio è un patto e i futuri coniugi devono attenersi alla volontà dei contraenti. Invano ho tentato di oppormi al patto che mio padre ha deciso di stringere in mia vece e il Fato ha voluto che io prenda in moglie Neobule, la figlia di Licambe e Amfimedò. Ah, Licambe! Vecchia volpe! Chi più di te trarrà vantaggio da questa unione? Sei sempre stato un viscido opportunista e, per  sistemare Neobule, non hai avuto vergogna a cercare il miglior partito. Ma come potrà cambiare in meglio la mia vita? Ho cercato di far valere le mie ragioni ma non sono riuscito a convincere mio padre: imperioso, come Zeus in persona, ha ribadito la sua volontà e io non ho potuto far altro che abbassare la testa e tacere.

Ci ritroviamo, oggi, nella casa di Licambe. Al tavolo è seduto alla destra di mio padre e gli parla come se lo conoscesse da sempre, come se fossero nati dalla stessa donna. Lurida serpe! Lo sciagurato sono io, vittima delle tue macchinazioni. E hai anche il coraggio di parlarmi?! Mi parli come se fossi tuo figlio?! Nei miei confronti hai un crimine che non ti perdonerò mai. E, al tuo fianco, c’è Neobule, accompagnata dalla sorella. Oh, Neobule… anche tu hai da guadagnare molto dal nostro matrimonio. Tra tutte le donne di questa città, il mio sguardo non sarebbe certo caduto su di te! La tua bellezza, ormai, è in declino… la tua verginità probabilmente è un lontano ricordo. Continui a parlarmi e a ridacchiare come una stupida papera ma, al pensiero di condividere il resto della mia vita con te, mi vien quasi voglia di alzarmi e ribaltare il tavolo. Se mi sposassi con te, diverrei lo zimbello di tutti. Sarei motivo di riso per i vicini. Ogni volta bisbiglieranno e rideranno alle mie spalle. No, non posso sposare una donna del genere. Come potrei mai? Come potrei sposare una donna che conosce più uomini di me?

La sorella di Neobule, invece, pare non aver niente a che fare con lei. È più giovane ma, soprattutto, molto più graziosa ed elegante. Se ne sta lì seduta in silenzio, parla poco e niente. Ogni tanto vedo che mi rivolge uno sguardo ma, quando i nostri occhi si incrociano, lei li abbassa e giurerei davanti agli dei che un minimo di rossore si possa cogliere sulle sue guance. Ha dei lunghi capelli neri mossi e delle lentiggini sul volto che le conferiscono un’aria di pericolosa innocenza. Sì, la sorella minore di Neobule è di gran lunga preferibile. Mi avessero destinato a lei gli dei! A quest’ora farei un’ecatombe in loro onore!
Sebbene le mie orecchie siano letteralmente massacrate dai discorsi senza senso di Licambe e dai futili commenti di Neobule, cerco di poggiare i miei occhi sulla giovane ragazza immaginando cosa ci sia sotto il suo bianco vestito. All’improvviso, però, lei si allontana e fa cenno all’ancella di non seguirla. Spero solo che torni presto e non mi lasci da solo… ma, senza troppo pensarci, mi alzo anch’io e chiedo gentilmente di potermi assentare per qualche minuto. Non mi è difficile trovarla. Si trova in un giardino e, dandomi le spalle, sembra intenta ad accarezzare le foglie di una pianta. Mi avvicino, preso da eccitazione alla vista del suo corpo snello. La chiamo per nome e lei si volta di scatto impaurita.

«Che ci fai qua?» mi chiede agitata.
«Ti cercavo…» rispondo spavaldo.
«Non dovresti essere qui…» dice lei cercando di evitare il mio sguardo.
«Io dico di sì» affermo preso da un coraggio che solo la rabbia può generare.
Le afferro i gomiti con forza costringendola a rivolgere i suoi scuri occhi verso di me.
«Non puoi farlo…» dice lei sempre più agitata.
«Io dico di sì…» ribadisco io.
«Sei promesso a mia sorella».
«Neobule, che l’abbia un altro uomo!»
È presa dalla paura di poter essere scoperta ma il suo sguardo dice che desidera tutt’altro…


E allora, decidendo di fare mia ognuna di quelle lentiggini, la giro e incomincio ad affondare il capo nei suoi capelli scuri come la notte e profumati come la primavera. L’eccitazione prende anche lei al punto da non scongiurarmi più di fermarmi. In poco tempo, si ritrova senza vesti lasciando che io tocchi ogni sua singola curva. Ho tra le mani un giovane corpo, di gran lunga migliore di quello di Neobule. Non so come ne uscirò fuori ma, se vogliono, gli dei mi possono prendere anche adesso! Sono felice, infatti, perché Licambe dovrà ricredersi sul suo desiderato genero, nonché sulla sua ardita figlia minore. A me, Archiloco, il merito di aver gettato discredito sulla casa di Licambe, ancor più di quanto ce ne fosse già! Sono stato più furbo di lui che, ora, dovrà affrontare il problema di non una ma ben due figlie! Se vorrà, potrò sposare la minore: solo questo è il patto che posso accettare!

mercoledì 5 agosto 2015

Anticipazioni racconto n. 12

Il prossimo racconto è tratto dal cosiddetto Epodo di Colonia del poeta greca Archiloco (VII a.C.). Si tratta probabilmente di un componimento molto conosciuto agli "addetti ai lavori" visto il contenuto particolarmente... spinto... Il racconto s'intitolerà "La promessa sposa e sua sorella". A domani!



Prostituta e cliente, vaso a figure rosse