Il
matrimonio è un patto e i futuri coniugi devono attenersi alla volontà dei
contraenti. Invano ho tentato di oppormi al patto che mio padre ha deciso di
stringere in mia vece e il Fato ha voluto che io prenda in moglie Neobule, la
figlia di Licambe e Amfimedò. Ah, Licambe! Vecchia volpe! Chi più di te trarrà
vantaggio da questa unione? Sei sempre stato un viscido opportunista e,
per sistemare Neobule, non hai avuto
vergogna a cercare il miglior partito. Ma come potrà cambiare in meglio la mia
vita? Ho cercato di far valere le mie ragioni ma non sono riuscito a convincere
mio padre: imperioso, come Zeus in persona, ha ribadito la sua volontà e io non
ho potuto far altro che abbassare la testa e tacere.
Ci
ritroviamo, oggi, nella casa di Licambe. Al tavolo è seduto alla destra di mio
padre e gli parla come se lo conoscesse da sempre, come se fossero nati dalla
stessa donna. Lurida serpe! Lo sciagurato sono io, vittima delle tue
macchinazioni. E hai anche il coraggio di parlarmi?! Mi parli come se fossi tuo
figlio?! Nei miei confronti hai un crimine che non ti perdonerò mai. E, al tuo
fianco, c’è Neobule, accompagnata dalla sorella. Oh, Neobule… anche tu hai da
guadagnare molto dal nostro matrimonio. Tra tutte le donne di questa città, il
mio sguardo non sarebbe certo caduto su di te! La tua bellezza, ormai, è in
declino… la tua verginità probabilmente è un lontano ricordo. Continui a
parlarmi e a ridacchiare come una stupida papera ma, al pensiero di condividere
il resto della mia vita con te, mi vien quasi voglia di alzarmi e ribaltare il
tavolo. Se mi sposassi con te, diverrei lo zimbello di tutti. Sarei motivo di
riso per i vicini. Ogni volta bisbiglieranno e rideranno alle mie spalle. No,
non posso sposare una donna del genere. Come potrei mai? Come potrei sposare
una donna che conosce più uomini di me?
La
sorella di Neobule, invece, pare non aver niente a che fare con lei. È più
giovane ma, soprattutto, molto più graziosa ed elegante. Se ne sta lì seduta in
silenzio, parla poco e niente. Ogni tanto vedo che mi rivolge uno sguardo ma,
quando i nostri occhi si incrociano, lei li abbassa e giurerei davanti agli dei
che un minimo di rossore si possa cogliere sulle sue guance. Ha dei lunghi
capelli neri mossi e delle lentiggini sul volto che le conferiscono un’aria di
pericolosa innocenza. Sì, la sorella minore di Neobule è di gran lunga
preferibile. Mi avessero destinato a lei gli dei! A quest’ora farei un’ecatombe
in loro onore!
Sebbene
le mie orecchie siano letteralmente massacrate dai discorsi senza senso di
Licambe e dai futili commenti di Neobule, cerco di poggiare i miei occhi sulla
giovane ragazza immaginando cosa ci sia sotto il suo bianco vestito.
All’improvviso, però, lei si allontana e fa cenno all’ancella di non seguirla.
Spero solo che torni presto e non mi lasci da solo… ma, senza troppo pensarci,
mi alzo anch’io e chiedo gentilmente di potermi assentare per qualche minuto.
Non mi è difficile trovarla. Si trova in un giardino e, dandomi le spalle,
sembra intenta ad accarezzare le foglie di una pianta. Mi avvicino, preso da
eccitazione alla vista del suo corpo snello. La chiamo per nome e lei si volta
di scatto impaurita.
«Che ci fai qua?» mi chiede
agitata.
«Ti cercavo…» rispondo spavaldo.
«Non dovresti essere qui…» dice lei
cercando di evitare il mio sguardo.
«Io dico di sì» affermo preso da un
coraggio che solo la rabbia può generare.
Le afferro i gomiti con forza
costringendola a rivolgere i suoi scuri occhi verso di me.
«Non puoi farlo…» dice lei sempre
più agitata.
«Io dico di sì…» ribadisco io.
«Sei promesso a mia sorella».
«Neobule, che l’abbia un altro
uomo!»
È presa dalla paura di poter essere
scoperta ma il suo sguardo dice che desidera tutt’altro…
E
allora, decidendo di fare mia ognuna di quelle lentiggini, la giro e
incomincio ad affondare il capo nei suoi capelli scuri come la notte e
profumati come la primavera. L’eccitazione prende anche lei al punto da non
scongiurarmi più di fermarmi. In poco tempo, si ritrova senza vesti lasciando
che io tocchi ogni sua singola curva. Ho tra le mani un giovane corpo, di gran
lunga migliore di quello di Neobule. Non so come ne uscirò fuori ma, se
vogliono, gli dei mi possono prendere anche adesso! Sono felice, infatti,
perché Licambe dovrà ricredersi sul suo desiderato genero, nonché sulla sua ardita
figlia minore. A me, Archiloco, il merito di aver gettato discredito sulla casa
di Licambe, ancor più di quanto ce ne fosse già! Sono stato più furbo di lui
che, ora, dovrà affrontare il problema di non una ma ben due figlie! Se vorrà,
potrò sposare la minore: solo questo è il patto che posso accettare!