Il primo racconto della trilogia dedicata a Francesco Petrarca è tratto da "Solo et pensoso" (dipinto "Ragazza in un bosco" di Vincent Van Gogh)
Non
è la prima volta che mi ritrovo a passeggiare, o meglio vagare, per questi
campi. A volte la solitudine si rivela necessaria: troppa stanchezza, troppa
sofferenza mi causano gli altri. Si è sempre costretti a sorridere, a dire
questa o quella parola di gentilezza, ad osservare regole e rituali e a dar
conto a chi non si vorrebbe nemmeno aver incontrato sulla propria strada. La
finzione regola la nostra vita: non so quante volte in questa giornata ho
affermato di stare bene mentendo spudoratamente. Non vogliatemene, ma cosa mai
potrei condividere con tutti voi? Io ritengo che nessuno di voi mi possa esser
d’aiuto. Nessuno di voi sa ascoltarmi come questi alberi, queste spighe, queste
tranquille acque.
In
mezzo a questo paesaggio io ritrovo me stesso: ho modo di parlarmi, di
ascoltarmi, a volte anche di consigliarmi. Qui non c’è nessuno al di fuori di
me e la mia anima. Qui il tempo è pesante ma passa veloce: ogni attimo rimanda
a ricordi lunghi quanto giorni ma non faccio in tempo a riprenderli e dominarli
tutti che già scorgo il sole calare al di là dei monti e sono costretto a
tornare indietro alla vita e al mondo di sempre.
Così
sono costretto a ricorrere spesso a questa medicina: ormai ne sono dipendente.
Mi convinco giorno dopo giorno che il mio male sia incurabile e posso solo
allievare il dolore venendo qui e perdendomi tra i meandri della mia anima.
Curiosa la vita! Questa quercia che si erge imponente alla mia destra mi
conosce meglio di chi quotidianamente mi parla e finge di preoccuparsi per me.
Questa quercia ha saggiato il sale delle mie lacrime e non ho potuto che
elevarla al grado di mia migliore confidente!
Potessi
portarti qui, Laura! Potessimo insieme condividere e godere di questo silenzio!
Allora l’aria sarebbe riempita soltanto dalle nostre parole amorose, dalle mie
rime e dalle tue dolci risate. Ogni tanto ci farebbe visita il vento che con la
sua voce loderà le tue chiome ed io non perderei occasione per vantarmi di te
di fronte a lui. Poi ci stenderemmo alla fresca ombra della mia amica quercia e
anche tu imparerai a conoscerla come me e più conoscerai lei, più conoscerai
me. Ma, soprattutto, io avrei modo di vivere te e di morire nel rosso vivo
delle tue gote. Questa sarebbe la sola morte che desidero!
Qui
solo riesco a chiudermi nel mio dolore, qui solo riesco a desiderarti
veramente, Laura. Qui ti rivedo nei nostri fugaci incontri, qui rivivo il
passato, qui invento il futuro. E allora mi accorgo che in fin dei conti non
sono così solo… non sono solo io a camminare lungo questi campi, non sono solo
quando mi appoggio a questo tronco… c’è Lui, Amore, a seguirmi e ad attaccar
discorso. Lui è al mio fianco persino prima di giungere qui, mi segue già da
quando affiora in me il desiderio di evadere e raggiungere questa immensità.
Anzi, a dirla tutta, è Lui che mi invita a fuggire. È Lui che quotidianamente
mi ordina di perdermi per cercare di ritrovare me stesso. Amore, ormai,
condiziona tutta la mia esistenza. Ormai è l’incarnazione del Tempo stesso.
Scandisce ogni singolo attimo della mia vita ed è mio alimento e mia
maledizione: senza di Lui sicuramente morirei perché è il mio unico amico ma,
continuando ad accompagnami, continua il mio travaglio. A questo solo tu
potresti porre rimedio, o Laura!
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